La carne: morte per l’ambiente e la nostra salute

La carne: morte per l’ambiente e la nostra salute

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Ogni 5 secondi una persona nel mondo muore per inquinamento, una cadenza che porta allo spaventoso numero di 7 milioni di morti all’anno. Con questi numeri, si capisce bene come l’argomento dell’impatto ambientale e dell’alimentazione sia molto più importante di quello che la gente probabilmente riesce ad afferrare.

Il 22 aprile di ogni anno si celebra nel mondo l’Earth Day, la Giornata della Terra, un evento importantissimo nato da un movimento universitario che poi si è sviluppato a livello mondiale in maniera più ampia. I gruppi ecologisti lo utilizzano come occasione per valutare le problematiche del Pianeta: inquinamento dell’aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. Questa giornata serve anche per fare il punto sulle possibili soluzioni che permettono di eliminare gli effetti negativi delle attività dell’uomo. Soluzioni che includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi e la cessazione della distruzione di habitat fondamentali.

Tra le soluzioni attuabili da ogni singolo individuo che sono state proposte nel corso di queste giornate c’è quella di passare ad una dieta biologica e vegetariana. In questo senso si inserisce anche uno speciale numero della prestigiosa rivista Time, chiamata “Guida di sopravvivenza al riscaldamento globale”. Tra le 51 cose da fare individualmente per collaborare alla diminuzione dei catastrofici risultati previsti c’è proprio la rinuncia alla carne. Un consiglio di buon senso, dato che l’allevamento è la seconda maggiore causa di inquinamento dopo il riscaldamento.

Nel 2006 un rapporto della FAO, la Food and Agricolture Organization, aveva evidenziato le problematiche legate agli allevamenti intensivi e al loro impatto ecologico ambientale. In questo rapporto l’organizzazionechiedeva azioni urgenti e importanti. D’altronde le proiezioni di consumo di carne sono tutt’altro che rosee: nel 2050 è previsto un raddoppio del consumo della carne. Ciò è dovuto soprattutto alla crescita di Paesi come l’India e la Cina, che attualmente hanno moderati consumi di carne, ma qualora si occidentalizzassero rischierebbero di causare un vero e proprio stato di insostenibilità nel consumo di carne. Se tutti gli abitanti del Pianeta consumassero la metà della carne di noi europei servirebbero due Pianeti Terra solo per produrre i mangimi necessari a nutrire gli animali!

La situazione è insostenibile sul lungo periodo perché il rendimento delle proteine animali è bassissimo: abbiamo un’efficienza di conversione pari al 6%. Significa che un animale deve mangiare 15 chilogrammi di cereali o soia per “produrre” un chilo di carne.

Un altro problema è la carenza d’acqua e la desertificazione. Il 70% dell’acqua del mondo è consumata dalla zootecnia e dall’agricoltura collegata alla zootecnia. Una cifra elevatissima. Per produrre un chilo di proteine animali occorre ancora una volta un volume d’acqua 15 volte superiore di quello necessario per produrre la stessa quantità di proteine vegetali.

Non ci sono però solo gli allevamenti intensivi, ma anche quelli estensivi, soprattutto in centro-sud America. Essi corrispondono al 20% dei terreni mondiali impoveriti, compattati ed erosi dal sovrappascolo. Anch’essi contribuiscono in maniera importante al consumo del suolo e dell’ambiente. Basta un dato: negli ultimi anni il 70% delle aree deforestate del Centro America è stato trasformato in pascolo.

Una menzione va fatta anche per l’industria conciaria, che è tra le più inquinanti. Le concerie sono infatti responsabili dell’acidificazione di vasti territori agricoli e dell’inquinamento delle acque nelle zone in cui sorgono, oltre ad essere estremamente dannose per la salute dei lavoratori.

La carne, con un’immagine un po’ macabra ma molto adatta, è morte per l’ambiente. Secondo i risultati di uno studio giapponese pubblicato sul “New Scientist”, la produzione di un chilogrammo di manzo causa un’missione di gas serra e altri inquinanti equivalente a quella che si ottiene guidando per tre ore e lasciando nel frattempo accese tutte le luci di casa. Un altro studio, questa volta dell’Istituto Francese per l’Ambiente, per produrre un chilo di carne di vitello si immettono nell’ambiente oltre 45 chilogrammi equivalenti di CO2. Percorrendo 100 chilometri in auto se ne immettono nell’ambiente 22 chilogrammi.

L’alimentazione carnivora è la principale responsabile deglielementi tossici presenti nel nostro organismo: sono 80 mila. Tra questi i principali sono l’alluminio e il glifosato. Nel mare finiscono inquinanti di tutti i tipi, che nei pesci si concentrano e poi arrivano direttamente alla nostra bocca.

Lo studio di un’associazione tedesca, chiamata Foodwatch, ha confrontato le emissioni di gas serra dovute al cibo consumato da una persona per un anno intero e le ha espresse come equivalente in km percorsi in auto nello stesso periodo. I risultati sono questi: l’alimentazione vegana percorre 281 chilometri se proveniente dall’agricoltura bio e 629 nel caso dell’agricoltura convenzionale; l’alimentazione latto-ovo-vegetariana da agricoltura bio percorre 1978 chilometri se biologica e 2427 se convenzionale, mentre l’alimentazione onnivora percorre 4377 chilometri se biologica e quasi 5000 se convenzionale. Il rapporto tra alimentazione onnivora e alimentazione vegana è dunque di 20:1 per quanto riguarda l’inquinamento.

Cosa ci aspetta quindi nel futuro? Siamo destinati al tracollo dell’equilibrio alimentare occidentale quando sarà troppo tardi o ci sono delle alternative?

La previsione negativa è che entro il prossimo anno la domanda di carne nel sud del mondo sarà doppia rispetto al 1995. La domanda di carne di maiale triplicherà in Asia e raddoppierà in America Latina e Africa, mentre in Occidente ci sarà un consumo del 25% maggiore rispetto ai volumi già spropositati. Ogni americano consuma 122 chili di carne all’anno, mentre ogni italiano ne consuma 88 a testa.

La visione ottimistica prevede invece degli sforzi da ogni singolo individuo. Prima di tutto bisogna cambiare l’atteggiamento della collettività e il comportamento individuale. Un’analisi degli studi del consumo è giunta alla conclusione che tra l’alimentazione, l’energia domestica e i trasporti, il cambio di alimentazione ha il maggior impatto, permette un elevato livello di scelta individuale e si può applicare immediatamente. Ognuno di noi ha il potere della forchetta e può decidere in qualsiasi momento cosa mangiare. Non c’è niente di più bello di avere in mano il potere della scelta.

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