Sentire il Mondo: 21–28 anni

Sentire il Mondo: 21–28 anni

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Speciale “Cammino dell’anima”

Di Massimo Nicastro

Dopo aver accennato in chiave pedagogica allo sviluppo dell’essere umano fino ai vent’anni (vedi numeri precedenti), arriviamo alla maggiore età. Ancora fino al secolo scorso si manteneva, seppur inconsciamente, un residuo di conoscenze sull’essere umano, tanto è vero che si caratterizzava l’emancipazione dall’adolescenza indicando a 21 anni la maggiore età, e non a 18.

Dopo aver vissuto un periodo di tre settenni, quale educazione al Mondo, ora inizia l’addentrarsi nel Mondo con le proprie forze interiori, personali: quelle dell’anima. Possiamo vedere il nostro corpo come il fodero di una spada, come l’involucro dell’anima.

E come nella crescita del bambino abbiamo visto nuove nascite ogni sette anni dalle caratteristiche corporeo-fisiche, così dai 21 ai 42 si susseguono altrettante natalità interiori, sovrasensibili.

A conclusione di questa “grande triade di settenni” – da 0 a 21 – ci si apre la porta della prima sfera dell’anima, che Steiner descrive come “anima senziente” (Empfindungsseele), dotata di sensibilità: l’anima sente il Mondo, ne viene impressa. Ai 28 abbiamo la nascita dell’Anima affettiva-razionale (Gemüts-Verstandensseele). E dai 35 ai 42 l’Anima cosciente (Bewusstseinsseele). (vedi “Tesofia”, Rudolf Steiner).

Di solito l’anima viene considerata come la dimensione più elevata dell’uomo, la sua quinta essenza. Steiner ci offre una prospettiva nuova: l’anima come “forza del centro” che permette, se esercitata, di tendere verso lo Spirito in quanto realtà creante, oppure di venir rapita dalle sue brame quando mira a volerle appagare diventando essa stessa mercé del
corpo.

Possiamo dire: da che abbiamo un’esperienza interiore, inizia l’anima senziente. Questa realtà dell’anima è quella sfera che percepisce il Mondo traendone sensazioni, simpatie o antipatie, bellezze o bruttezze. Qui avvertiamo come i nostri sensi diventino un “portale” sul Mondo e, poiché
grazie all’anima possiamo comprendere il mondo percepito e prendere posizione, possiamo distinguere tre componenti della nostra realtà interiore, e cioè:

  • Anima senziente sentire le cose del mondo, viverle in sé;
  • Anima razionale comprendere il Mondo con l’intelletto;
  • Anima cosciente responsabilità morale dell’evoluzione dell’uomo e del Mondo.

Come l’educazione da piccoli costituisce la propedeutica per potersi avventurare nel Mondo – perché ognuno sia in grado di affrontare la realtà come un Ulisse –, in fasi successive della vita è indispensabile un’educazione dell’anima. L’individuo stesso impartisce l’educazione alla sua anima, pertanto si parla di autoeducazione. È un operare dell’Io, e finché questa forza agisce in modo letargico nella componente senziente
dell’anima, l’individuo è molto suscettibile alla “collera” in quanto non ha ancora forze interiori razionali/coscienti.

Questa natura collerica va superata affinché l’individuo possa operare al meglio nell’armonia delle tre forze dell’anima. Un sano riflettere, però, ci porta a vedere quanto questa “collera” sia un bene; senza di essa, infatti, saremmo indifferenti al Mondo e ne verremmo annientati. Quando ci sentiamo avvampare di sdegno facciamo in realtà l’esperienza di essere sostenuti da un Io, quell’Io che può trasformare l’insofferenza in amore.

Lavorando interiormente a questa irrequietezza abbiamo modo di diventare degli altruisti. Da un lato la collera ci contrappone al Mondo, dall’altro lato ci annienta invelenendoci. Per questo occorre una guida –
l’Io (lo Spirito) – che arricchisca l’anima tanto da divenire in grado di sacrificare questa collera (e si può sacrificare solo quel che si possiede). Questa ardente passione personale diventa allora un’illuminazione verso la conoscenza.

Il detto di Eraclito «L’essere dell’anima è tanto vasto che, quand’anche tu percorressi tutte le strade, non riusciresti mai a scoprirne i confini!» può essere allora vissuto con fiducia nelle forze dell’uomo, e non con rassegnazione. Quanto maggiormente sviluppiamo collera nella nostra
interiorità, tanto più possiamo indebolirla. E una collera nobilitata diviene amore. Pensiamo alla biblica “Collera divina”. Essa non è che un aiuto a che ognuno di noi sia illuminato, perché ci si riveli la realtà di un “Amore divino” che sta solo attendendo che, da adolescenti, ci trasformiamo
in adulti dello spirito.

La collera ha lo scopo di sopraffare un eccessivo egoismo affinché se ne incatenino i possibili effetti. Lo vediamo nel Mito di Prometeo di Eschilo: la collera di Giove incatena Prometeo alla roccia e in tal modo impedisce che
agisca senza coscienza, dato che è un Io non ancora maturo per i tempi. l’Io è la forza che conferisce all’uomo l’autocoscienza. Sta a noi risvegliare questa coscienza così da non cadere in un sonno dove l’anima si rende assente perché costretta ad andare a rigenerarsi poiché sfibrata a causa del martellamento quotidiano del cervello e dei sensi nervosi.

L’uomo può conseguire una “coscienza continua”, una sorta di vero battesimo per la sua seconda nascita, una nascita che avviene dopo quella che ci ha portato nel mondo. Il 6 gennaio, l’Epifania, celebra il Battesimo del “Figlio dell’Uomo” che, in modo paradigmatico, rappresenta la forza che nasce in ogni individuo quando, dopo una serie di eventi nell’evoluzione (Macrocosmo) e nella nostra vita (Microcosmo), col superamento di collere e sofferenze continue, l’individuo arriva ad accogliere la luce dello Spirito.

La prima metà dell’evoluzione è come una preparazione a diventare autonomi e indipendenti, è il cammino che ci permette di passare da una cultura di gruppo, di sangue, ad una cultura centrata sull’Io. Nelle civiltà antecedenti il mistero del Golgota, infatti, vigevano tante divinità o déi che riflettono la realtà molteplice dell’anima fatta di tante passioni. Tali passioni vivono nella nostra interiorità e offuscano pensieri, sentimenti e impulsi volitivi. È una multiformità di impulsi, ovvero un vero e proprio
“politeismo”.

Col “monoteismo”, invece, abbiamo l’immagine del dio-Io quale essere che governa tutti gli impulsi dell’anima armonizzandoli grazie all’attività dello spirito: lo spirito coordina il pensiero fondato sulla verità e l’azione che ne consegue, che dunque sarà verace.

Questa forza di governare se stessi, per poi armonizzarsi con gli altri e il Mondo, può attivarla ogni essere umano, deve solo volerlo. Il rapporto con le persone non si baserà sulla diffidenza o il timore perché vedremo e vivremo nell’altro quanto di eterno abbiamo in comune. Ognuno si sentirà incoraggiato e sostenuto con fiducia dall’altro.

Essere sempre più indipendenti non significa soltanto non avere più bisogno degli altri. Anzi, grazie all’amore per gli ideali che abbiamo nutrito dai 14 ai 21 anni, vivremo la fraternità come “solidarietà attiva” da parte degli altri.

Essere attivi offrendo fraternità è il risultato che abbiamo nel settennio dai 35 ai 42 anni, dopo quanto ricevuto da ventenni. Questa solidarietà che portiamo incontro agli altri è sintomo di “libertà”, in quanto l’uomo è libero tanto quanto mette con gioia a disposizione degli altri i propri talenti.

Grazie a uno Steiner vediamo quanto sia complessa l’anima umana, e quanto ancora viviamo nella nescienza. Ma, se non perdiamo l’occasione di meravigliarci ogni volta di fronte alla creatività della Mondo che ci circonda, manterremo in vita una fiammella continua. Questa fiamma è il nostro spirito, è la nostra individualità o Io che arde di amore nell’agire,
suonando senza stancarsi mai su queste tre corde dell’anima.

Come un suonatore sulla sua Lira a tre corde che, nel continuo esercizio, diverrà egli stesso compositore. Come dicevamo prima in merito al detto di Eraclito: se viviamo la grandezza di queste tre forze, e non lo sconforto
e la rassegnazione per un’impresa che ci pare insuperabile, inizieremo a godere della bella melodia che ogni giorno creiamo, sia noi sia le persone che ci attorniano.

Se arriviamo a trascendere la soggettività, allora la luce della verità non ci fa “passionalmente desiderare”, ma “volere oggettivamente” ciò che è bello e buono. E questo è quanto di morale vive come forza del Cosmo. Immettendo ogni giorno pensieri sempre nuovi e fecondi evitiamo il rischio di oscurarci, accogliamo quella forza di “grazia” o “buddhi” che ha camminato in mezzo a noi duemila anni fa, così da far risplendere da noi questa luce trasformandoci da Luna che riflette a Sole che irraggia.

Fino alla prima metà dell’evoluzione nell’interiorità dell’uomo vi è una “tenebra”: c’era la rivelazione dall’alto che veniva vista in immagini e questa luce aleggiava sull’uomo. Dopo la svolta – anno zero –, nella seconda metà dell’evoluzione, abbiamo la capacità di tirar giù fino alla corporeità questa luce così da interiorizzarla e attualizzarla.

«e la luce nella tenebra risplende e la tenebra non aveva la capacità di accoglierla interiormente» Vg. 1, 5

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