Ogni sintomo è un messaggio

Ogni sintomo è un messaggio

- in Medicina Complementare
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Nella cultura del mondo occidentale la malattia è qualcosa al di fuori di noi, qualcosa che ci accade senza che ne siamo consapevoli e responsabili: prendiamo il raffreddore per colpa di un virus, o del freddo, ci blocchiamo con la schiena perché facciamo un movimento sbagliato, abbiamo mal di stomaco perché siamo “intolleranti” ad un certo cibo o perché abbiamo esagerato con le calorie.

Questa la causa, questo l’effetto, in una logica meccanicistica che è difficile confutare se non per il fatto che non ci spiega mai il perché: perchè questo? perché adesso? perché proprio a me?
Non è facile dare una risposta a questo interrogativo che ogni persona sofferente di un disturbo più o meno invalidante si è posta almeno una volta nel corso della sua esistenza. Il filoso francese Blaise Pascal ha provato a rispondere a queste domande semplicemente con una frase: “la malattia è il luogo in cui si apprende”. Quindi, se immaginiamo la vita come una sorta di scuola, le malattie fanno parte del piano di studi, esattamente come gli altri eventi della vita. E, proprio come in un piano di studi ci sono le materie che ci piacciano di più e quelle che ci piacciono di meno, anche nella vita ci sono “materie” che, anche se non ci piacciono, sono utili e indispensabili per conseguire il risultato.

Il risultato è la crescita: il nostro scopo a questo mondo, indipendentemente dal nostro credo, dalla nostra provenienza, dalla nostra educazione, è l’evoluzione sia personale che della specie. non siamo quindi vittime della malattia ma ogni sofferenza ha un senso e il senso è l’occasione di crescita.
Forse non tutti sanno che fu proprio un infarto a mettere Santa Teresa d’Avila sulla sua strada, e sappiamo che le visioni di Hildegard di Bingen erano in stretto rapporto con le sue emicranie. Comprendere la malattia come simbolo significa avere la possibilità di scoprire quali sono i rispettivi compiti di vita, accettare il messaggio della malattia e integrarlo nella propria esistenza, imparare dai propri sintomi e crescere.

L’alternativa è “nascere cane e morire cane”, ovvero attraversare la vita senza viverla davvero ma lasciando solo passare il tempo.
Questo diverso approccio alla malattia ci rende completamente responsabili di quello che ci accade e ciò può essere spaventoso, fastidioso, scomodo, ma è anche esaltante nel momento in cui ci permette (o ci costringe) ad un cambiamento esistenziale radicale. nella lingua francese la parola malattia si traduce con “maladie” che suona come “mal a dit”: che cosa ti ha detto il male? E’ la domanda sull’ombra che incarna in ogni ferita: il corpo è il palcoscenico di eventi inconsci e fornisce indicazioni chiare su ciò che ha offeso l’anima, è il palcoscenico sul quale troviamo rappresentati i nostri conflitti di crescita e apprendimento.

La malattia è in realtà una fisiologia speciale o straordinaria che permette al nostro organismo di far fronte sensatamente agli eventi e alle situazioni che ci colgono in modo inatteso e non sono quindi gestibili e coordinabili dalla nostra mente.

Quando parla il corpo non mente mai e ciascuno di noi è in grado di comprenderne intuitivamente il linguaggio, poiché parla con una lingua antichissima, esistita da sempre e destinata a non morire mai: quella dei simboli. Il symbolon nell’antichità era un cerchio di argilla tramite il quale due ospiti si potevano riconoscere anche dopo molti anni: prima di congedarsi veniva infatti spezzato in due per avere una prova dell’esistenza del legame d’amicizia grazie ai margini combacianti anche dopo molto tempo.

I simboli sono ancora oggi una comunione di forma e contenuto e aiutano a riconoscere nessi e collegamenti. Il linguaggio simbolico del corpo è la lingua più parlata al mondo ed è una lingua che chiunque, con un po’ di allenamento, è in grado di comprendere, al di la delle barriere linguistiche, razziali e culturali: è ciò che accomuna l’umanità intera.

L’interpretazione in chiave simbolica, delle malattie consente di integrarne il messaggio profondo a livello della coscienza, in questo modo si può eliminare la vera causa di un disagio ed il corpo può guarire. Viceversa se eliminiamo solo l’effetto di uno squilibrio interiore, cioè il sintomo, questo è destinato a ripresentarsi nello stesso organo o in un altro situato più in profondità (vicariazione regressiva). Dice il maestro tibetano Tarthang Tulku “la perfetta salute e il perfetto risveglio in realtà sono la stessa cosa” . per interpretare correttamente un sintomo è necessaria però una visione distaccata ed esterna: come disse il Dr Edward Bach “ciò che riteniamo malattia è la fase terminale di un disturbo molto più profondo”, il contenuto che esso trasporta è già stato rifiutato dalla coscienza, altrimenti non sarebbe necessario che il corpo lo manifesti. Una volta integratone completamente il contenuto conflittuale, qualsiasi malattia è in grado di guarire, ed il corpo ritorna al suo equilibrio abituale.

Va da se che non può esistere una sola cura valida per tutti ma ciascuno di noi è chiamato a trovare il metodo di cura che gli è più congeniale, ovviamente sotto la guida di medici e di terapeuti capaci e degni della nostra fiducia. Quindi non deve sorprendere che qualcuno stia meglio dopo una dieta carnivora, altri con digiuni e succhi vegetali: non ci sono certezze se non la voglia di leggere la malattia non come un problema ma come una opportunità.

Attenzione che con questo non voglio dire che non serve curarsi o non porre attenzione anche al corpo: nel mio campo, la nutrizione, se andiamo ad esaminare le diete che si consigliano in caso di patologia cronica vediamo che esse hanno tutte dei punti in comune, l’uso di prodotti freschi, crudi, non processati, l’utilizzo di succhi astringenti ed alcalinizzanti, la pulizia degli emuntori come fegato e reni, tutto con lo scopo di aiutare il corpo nel processo di riparazione e di guarigione.

A questo punto dobbiamo chiederci quale sia quindi il compito del terapeuta. Innanzitutto non scordare mai l’unicità dell’essere umano, che non è un aggregato di molecole, apparati, organi a se stanti ma è un “olos”, un tutto armonico: “Chi vede gli alberi ma non vede la foresta” non sarà mai all’altezza di trattare il tema malattia.

Inoltre, compito di ogni medico o terapeuta è permettere alla persona che ha in cura di scoprire il proprio medico interiore: in questo senso il nostro corpo deve essere visto non come una macchina, che si può rompere ed aggiustare, ma come un maestro di vita che può da solo indicarci la via della guarigione, è il terapeuta più sincero che ci accompagna attraverso la nostra vita.
Infine, non è il medico o il terapeuta che può guarire ma può aiutare la persona a intraprendere un percorso che, fatto assieme, potrà portare alla comprensione e alla guarigione. Come diceva paracelso “la medicina migliore per l’uomo è l’uomo stesso. Il massimo grado di medicina è l’amore.

 

D.ssa Federica Becherini Ph.D.

Rebellato Fisiomedical Center Visite e terapie specilistiche

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