Green pass vs Costituzione Italiana

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Manifestazioni e problemi della Certificazione Verde

Professor Trabucco, cominciamo l’intervista partendo da alcuni fatti recenti avvenuti in Italia. Parliamo del Green Pass esteso anche per i lavoratori e delle manifestazioni “no Green Pass”. Cosa ne pensa?

Innanzitutto, saluto tutti i lettori e vi ringrazio per l’invito, è sempre un piacere discutere e collaborare con voi. In merito al cosiddetto Green Pass, esso è stato definito dalla legge come Certificazione Verde Covid-19. Questa Certificazione Verde, nonostante noi ne abbiamo iniziato a discutere da luglio, è stata introdotta nell’ordinamento costituzionale italiano durante il mese di aprile. Il decreto legge n.52 del 2021, il cosiddetto “decreto riaperture” e cioè quel provvedimento del governo adottato subito dopo le festività pasquali, aveva introdotto infatti il Green Pass. Esso era stato previsto per il passaggio di regione da un’arancione di colore giallo/bianco a un’arancione di colore rosso e quindi a causa di un incremento della curva epidemiologica. Ovviamente, tutto questo nel caso in cui questo spostamento non avvenisse per motivi di necessità, di salute o di lavoro. In sostanza, già da aprile c’era la Certificazione Verde. Il decreto legge di luglio n.105 (quello che riguarda i trasporti a media, lunga percorrenza per scuola/università) e il decreto 127 (quello che ha esteso la Certificazione Verde al mondo del lavoro pubblico, privato, ai magistrati, ecc.) non ha fatto altro che allargare ed estendere nel tempo la fattispecie per le quali c’è l’obbligo, per poter accedere, del green pass.

Secondo lei, ci sono dei problemi relativi alla Certificazione Verde?

C’è un problema che in realtà si articola in 2 punti: l’obbligo del possesso del Green Pass per accedere (come ad esempio nel caso di un docente a scuola) indirettamente, elude la norma costituzionale dell’articolo 32 comma secondo della Costituzione che prevede che un trattamento sanitario non può essere imposto sulla base della legge, e impone un vero e proprio trattamento obbligatorio che è declinato come tampone diagnostico o vaccino.

Il problema di fondo è che il legislatore, non introduce direttamente l’obbligo vaccinale o di tampone ma lo fa indirettamente, cioè bypassando la riserva di legge che la Costituzione prevede. Attraverso l’obbligo del Green Pass di fatto si impone un trattamento sanitario obbligatorio e si elude la riserva di legge della Costituzione (dell’articolo 32 comma secondo) posta per poter prevedere l’obbligatorietà. Questo è il primo problema che potrebbe essere portato all’esame della Corte Costituzionale.

C’è un secondo problema, su cui sono intervenuti studiosi, medici, infettivologi, ossia la mancanza di evidenza scientifica. La Certificazione Verde non garantisce il fine per cui è stata introdotta nell’ordinamento, cioè quello di prevenire la diffusione del Covid-19. Questo porta a una possibile violazione dell’articolo 3 comma 1 della Costituzione, perché viene meno il principio di proporzionalità che è mutuato da questo articolo. Cioè, viene meno la congruità del mezzo (Green Pass) rispetto al fine (la prevenzione). Nel momento in cui non si ha alcuna evidenza scientifica, questa limitazione dei diritti costituzionali non è ragionevole, non è proporzionata, non è in grado di raggiungere quello che promette, ergo è una limitazione assolutamente inutile. È una limitazione che non è in grado di soddisfare la ratio, il fine ultimo della norma: quello di prevenire i contagi. Basti pensare anche alle ultime notizie, in cui si parla di aumento dei contagi e, di conseguenza, di una possibile proroga dello stato di emergenza fino ai mesi di Marzo del 2022 (si ricordi che attualmente la proroga è prevista fino al 31 dicembre 2021).

 

Prima lei parlava anche di incostituzionalità, perché utilizza questo termine tipico dell’ambito giuridico?

Ci sono quindi due motivi principali di “possibile incostituzionalità”. Si parla di possibile perché deve essere la Corte Costituzionale eventualmente ad annullare le disposizioni normative che prevedono il Green Pass e che vengono impugnate davanti alla corte da parte dei giudici.

La presenza di un aumento dei contagi dimostra che la Certificazione Verde non sta producendo i risultati promessi. In un anno e mezzo di emergenza sanitaria, c’è stato un mutamento (senza modifiche formali della Costituzione) dello Stato di diritto. Si è arrivati all’affermazione del divieto, diventato la regola, e la libertà è invece relegata a spazi eccezionali, cioè si assiste all’inversione delle caratteristiche dello Stato di diritto. Lo Stato di diritto nasce perché riconosce le libertà dal potere dallo stato e dall’autorità del potere politico. Si è passati, dalle libertà dello stato alle libertà nello stato e quel cambio di proposizione è significativo perché prima invece il costituzionalismo ci insegnava che le libertà erano quelle riconosciute, iscritte nella fattura della persona.

Ora siamo passati a un sistema di libertà nello stato dove non è più la libertà riconosciuta, non è più una libertà connaturata alla persona umana ma è una libertà autorizzata. Come detto, il divieto è diventato regola e la libertà è stata relegata a degli spazi eccezionali, tutto questo senza che il testo della Costituzione formale venisse cambiato.

Certamente nel frattempo è entrata in vigore la legge costituzionale n.1 del 2020, si è ridotto il numero dei parlamentari però non ci sono state modifiche che hanno inciso sulla forma di stato o sulla forma di governo. La Costituzione è rimasta in vigore durante l’emergenza sanitaria, quindi dal 31 gennaio 2020 fino ad oggi. Tutto questo è avvenuto nel formale rispetto della legalità costituzionale che ha portato all’istaurarsi (dal mio punto di vista pericoloso) di una nuova Costituzione materiale e sostanziale. La Costituzione formale non è stata toccata ma cambia il modo in cui si attua e si sta arrivando a una Costituzione di emergenza, un’emergenza che diventa sempre più una “normalità consolidata”. Allora quello che bisogna chiedersi è: fino a che punto noi si è disposti ad accettare tutto questo? Fino a che punto si è disposti a vedere un cambio di paradigma delle caratteristiche proprie dello stato di diritto? Questo non vuol dire negare l’emergenza, non vuol dire negare i morti di Covid-19, ma significa riprendere una gestione equilibrata ed oculata dell’emergenza.

 

Secondo lei, qual è stato l’effetto di questo virus verso il nostro paese? Cosa pensa della comunicazione attuale?

Il virus, parola che deriva dal latino e vuol dire veleno, ha infettato le categorie giuridiche, quelle antropologiche (si assiste al trionfo dell’uomo distanziato e dell’uomo immunitario), quelle economiche (si pensi all’aumento del debito pubblico che c’è stato rispetto al PIL e al nuovo debito che ci viene dal Recovery Plan, che dovrà essere ripianato). Si pensi al patto di stabilità e crescita che è solo sospeso e tornerà nel 2023, condizionando prepotentemente le politiche fiscali degli stati membri dell’UE tra cui ovviamente l’Italia. Questo veleno ha infettato tutto, non solo dal punto di vista prettamente sanitario, ma ha inciso sulle diverse categorie. Allora ritorna la domanda: Ma fino a che punto siamo disposti a tollerare tutto questo?

Anche quello che sta accadendo in questi ultimi giorni, si pensi alle manifestazioni di Roma e a Stefano Puzzer, dimostra che questo paese sta prendendo una china pericolosa. Sembra che ci sia una neolingua orwelliana, soprattutto di un certo tipo di comunicazione che ghettizza, che utilizza “no vax, no pass”, delle espressioni assolutamente incapaci di cogliere la complessità dei fenomeni. Dentro le parole “no vax, no pass”, ci sono posizioni articolate e complesse, per cui questi sono termini anche inappropriati che non sono in grado di descrivere in maniera seria, precisa realmente quello che sta accadendo. Questa neolingua orwelliana usa queste espressioni volutamente per ghettizzare, disinnescare e criminalizzare il dissenso.

Bisogna comprendere che quanto evidenziato, in una democrazia pluralista e matura come la nostra, è una stonatura pericolosa ed è qualcosa che non funziona. Sembra di essere davanti ad un sistema in cui i poteri sono diventati totalmente impermeabili.

 

Come anticipato da lei, l’emergenza sanitaria è prorogata fino al 31 dicembre 2021 e forse lo sarà anche nei mesi successivi. Cosa accade dal punto di vista costituzionale in questa situazione?

Dal mio punto di vista, si può osservare (e ci sono anche studi a riguardo) che questa non è un’emergenza tale da giustificare lo stato di emergenza. Tuttavia, mi espongo in particolare come costituzionalista e noto un problema. La nostra Costituzione non disciplina lo stato di eccezione, tranne che per l’ipotesi bellica. Quindi questo significa che la durata massima dell’emergenza è contenuta all’interno del Codice della Protezione Civile, decreto legislativo 1 del 2018, una fonte primaria che sta al di sotto della Costituzione. Quindi giuridicamente, nulla vieta al governo, con un semplice decreto legge di derogare il termine massimo dello stato di emergenza. La durata massima dell’emergenza è di 24 mesi (12+12), quindi può essere prorogata fino a fine gennaio 2022. Tuttavia questo termine, non essendo contenuto nel testo costituzionale, “è nella disponibilità del legislatore”, cioè il governo legittimamente può prorogarlo fino a 36/48 mesi, perché il termine ultimo è contenuto in una legge primaria e non nella Costituzione.

Quindi c’è questo rischio reale, e il fatto che se ne stia parlando vuol dire che si vuole andare in quella direzione, visto che solitamente prima se ne parla e poi si adotta il provvedimento. Il problema è che, da un punto di vista prettamente giuridico, questo è possibile proprio perché noi non abbiamo costituzionalizzato lo stato di eccezione. Tutto ciò è assolutamente problematico e pericoloso. Poi c’è un giudizio politico- sanitario su cui si potrebbe aprire un dibattito molto serio che non si vuole aprire se non da parte di una certa controinformazione.

 

Ha citato anche le manifestazioni in piazza di questi ultimi giorni… cosa ne pensa del blocco delle manifestazioni no Green Pass di Trieste?

Per quanto riguarda la libertà della Costituzione sul manifestare e il blocco delle manifestazioni di Trieste, bisogna innanzitutto capire che queste manifestazioni sono più contro green pass che contro il vaccino. Il vero fine non è il vaccino, è il green pass la forma di controllo della popolazione. Il vaccino è un mezzo per arrivare al fine. Conosco tantissime persone che partecipano alle manifestazioni e sono vaccinate e ritengono che esso sia assolutamente discriminatorio. La Certificazione Verde ha una validità che è di 12 mesi per chi ha fatto il vaccino, di 6 mesi per chi è guarito, 48 ore con il tampone, 72 ore con il tampone molecolare. La domanda è: cosa succede dopo che i 12 mesi post vaccino sono passati? Cosa succede a green pass scaduto? Si va avanti con nuove dosi? Bisogna prolungare la validità? Questo è un problema per le stesse persone vaccinate.

A gennaio dovrebbe cadere l’emergenza e anche il Green Pass. Nel momento in cui si proroga lo stato di emergenza, si andrà a prorogare la validità di tutte le disposizioni normative che si sono introdotte con la Certificazione Verde e questo richiederà di intervenire con nuove dosi di vaccino, per allungare la durata e consentire una continuità di validità della Certificazione Verde.

Sulla questione della limitazione della manifestazione effettuata dal prefetto di Trieste, premetto che l’ho letta velocemente e vorrei inquadrare l’ordinanza rispetto alla normativa vigente. Da un punto di vista prettamente costituzionale c’è da ricordare la sentenza della Corte Costituzionale (n.67 del 1990) che ha enunciato un principio molto chiaro e tuttora validissimo che regge tutto l’impianto argomentativo, che fa la corte in materia di bilanciamento di diritto, cioè quando c’è un’antinomia. Anche ammesso che la salute prevalga sugli altri diritti costituzionali, la limitazione degli altri diritti non può mai arrivare a comprimerne il contenuto essenziale e deve sempre esserne garantita la minima operatività degli altri diritti.

Se, sia pure temporaneamente, viene sospesa la possibilità di manifestare (peraltro solo per il Green Pass e non per altre manifestazioni), si crea una discriminazione e sembra che ci siano manifestazioni più pericolose di altre. Non c’è una ragione per cui una manifestazione può essere consentita e quella contro la Certificazione Verde no.

 

Ci sono dei problemi giuridici nell’ordinanza del prefetto di Trieste?

Nell’ordinanza del prefetto di Trieste potrebbero esserci dei profili di criticità. Laddove c’è un confronto dialettico tra diritti costituzionalmente contrapposti (in questo caso la salute e la libertà di manifestare in pubblico), un bilanciamento ragionevole e proporzionato deve portare a non comprimere mai in maniera assoluta un altro diritto che si oppone a quello prevalente. La corte costituzionale con la sentenza 67 del 1990 ci dice che il diritto che cede rispetto a quello prevalente, deve comunque mantenere il contenuto essenziale. Una compressione, sia pure temporanea, per poter manifestare in piazza a Trieste può porre qualche problema sulla legittimità di quel tipo di provvedimento adottato dal prefetto.

Quello che è accaduto a Trieste va verso l’affermarsi in un regime generale di non libertà. Il linguaggio giuridico e poi quello della comunicazione a vari livelli, si è fatto proprietario delle libertà costituzionali senza che la costituzione formale venga cambiata. Io credo che a questo punto bisogna ragionare: siamo davvero una democrazia matura oppure accettiamo tutto? E soprattutto, fino a quando tollereremo questa emergenza?

 

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